La chiesa di Santo Stefano spicca nel centro storico, con la poderosa facciata e la svettante mole della torre campanaria che si affacciano sulla piazzetta omonima. L’edificio è documentato dall’VIII secolo, anche se l’attuale chiesa risale al X secolo nella sua parte verso la facciata, cui venne aggiunta nel secolo seguente una nuova zona orientale a tre absidi. La facciata si presenta ora nelle forme classicheggianti derivanti dagli interventi della fine del XVI secolo, quando venne inserito il bel portale d’accesso. Sulla sommità della facciata, entro una nicchia sotto il timpano, sono collocate copie del gruppo statuario raffigurante la Vergine col Bambino tra santo Stefano e un santo guerriero, prodotto trecentesco di scuola campionese, i cui originali sono conservati al MUST. Sulla destra il campanile romanico, di belle proporzioni, alla cui base sono inseriti sarcofagi e lapidi di età romana. Sul lato in facciata, sotto un archetto della cornice del primo ordine è inserita una protome umana del XII secolo: si tratta di una testa di uomo, eseguita da uno scultore locale di formazione antelamica. Suggestiva la parte orientale che si affaccia su piazza Castellana, caratterizzata dall’abside maggiore, con una partizione in cinque specchi con lesene e archetti, mentre le due absidi minori sono state profondamente rimaneggiate nel corso del tempo. L’interno si presenta a tre navate divise da pilastri. L’altare maggiore venne realizzato nel 1807 su disegno di Leopoldo Pollack; l’elegante tempietto è un esempio del migliore Neoclassicismo, caratterizzato da leggerezza delle proporzioni e da sobria eleganza. Ancora su progetto del Pollack vennero realizzati il pulpito ligneo e la cantoria. Sull’ampio catino absidale un grande affresco del pittore bresciano Lattanzio Gambara (1530 circa-1574) con Storie della passione di Santo Stefano (1566); costituita da tre scene – il giudizio davanti al tribunale, la lapidazione, la sepoltura – e coronata dalla visione della Gerusalemme celeste, l’opera, di grandiosa impostazione, è uno straordinario esempio della pittura manierista, con chiari riferimenti a Giulio Romano e al Pordenone. Nell’attuale sagrestia sono stati rinvenuti nel 1988 affreschi della prima metà del XIV secolo. Oltre ad alcuni brani superstiti sulle pareti, sulle vele della volta sono raffigurati i Quattro dottori della Chiesa; agli angoli delle vele compaiono otto stemmi della famiglia Ghisolfi con figure di grifoni in posizione araldica in campo rosso e blu. Sotto il presbiterio è posta la cripta, divisa in tre navatelle da due file di colonnine, con voltine a crociera. L’attuale rivestimento, con decorazioni a stucco di forme barocche, deriva da interventi del XVII secolo; durante recenti interventi di restauro sono affiorati affreschi devozionali databili tra il XVI e il VII secolo.
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